mercoledì 20 maggio 2015

SEMPLICITA' e SOBRIETA'

Cabrini e Solidago credono alla SEMPLICITA' e alla SOBRIETA' quando si dedicano alle immagini e agli oggetti-immagine. 

(CABRINI&SOLIDAGO: prigioniere di guerra)

Un po' meno quando si esprimono in parole, perché - scrivendo -amano invece "pasticciare con la lingua", come dicono loro: cioè a dire, sperimentare salti di lessico e di registro. Con il che, va da sé, la semplicità e la sobrietà un po' si perdono di tra le righe.

"Ambra all'inizio subisce, un po' stupefatta, un po' spaventata quel patapum patapum. Poi, toccata evidentemente nell'intimo da quella sfuriata carnale, insorge anche lei e si attacca ai capelli neri e profumati di Jana arpionandoli. Ciò che sortisce fuori da questo mix di strattonamenti è un rotolamento sessuale intenso e violentissimo, per via del quale le ragazze, partendo dal riquadro (di compensato) della porta, si scapricciano sbavando come bisce, e sbattono di qua e di là per tutta la stanza."

Cabrini, che tende al cerebrale, pensa che la semplicità/sobrietà dei lavori artistici che ha in comune con Solidago sia una questione di padronanza del mezzo.
A tavolino, cioè quando scrive, governa la barra del timone facendo uso della sola mente. Mentre il lavoro artistico, anche quando non si ricorre tradizionalmente al pennello, al colore, alla tela, anche quando si fa del bricolage, esige comunque di far uso del corpo (la mano, il braccio, il gomito, il quadricipide...). E il corpo certe volte non risponde come dovrebbe. 


(CABRINI&SOLIDAGO: la torre e il cagnolino)

Solidago, a sentir queste riflessioni del socio, sorride come può sorridere un alter ego. "Sarebbe dunque questa la spiegazione della SEMPLICITA' e della SOBRIETA' dei nostri manufatti? Secondo te si tratterebbe banalmente di una questione di controllo sulla materia?" 

Va da sé che le cose non stanno come crede Cabrini, anche se c'è del vero nella sua insistenza a distinguere i due modi di comunicare, quello che si avvale della parola e del ritmo e quello che si serve della materia e della luce.
La semplicità e la sobrietà sono modi di vivere la vita, ma sono anche modi di declinare la BELLEZZA. E nel lavoro artistico la bellezza è chiamata immediatamente e sempre in causa. Mentre nella scrittura la bellezza può giocare anche una parte assolutamente marginale.

Ecco perché le arti visive inevitabilmente si schierano, mentre la scrittura può anche tergiversare e temporeggiare. 
La bellezza o è la bellezza per i ricchi e per i potenti, che ambisce all'assoluto estetico e che trasuda magnificenza anche quando è design o è forma minima (es. i tagli di Fontana). 
Oppure la bellezza, infischiandosene della committenza e delle sue aspirazioni epiche, si modella sul quotidiano, ci gira intorno, lo rielabora, lo assume come punto di vista. 
Così facendo, se è sincera con se stessa, non può che essere semplice e sobria. 

(CABRINI &SOLIDAGO: Omaggio a un dio)





venerdì 15 maggio 2015

DUE ROMANZI, due epopee







Cabrini e il suo alter ego Solidago hanno scritto a 4 mani due romanzi che verranno presentati nel corso della mostra di Stresa "Il pennello scherzoso" (18-21 giugno, palazzina Liberty). 
In realtà si tratta di due raccolte, con un racconto lungo a fare da apripista narrativo e due racconti più brevi a seguire.

Tematiche simili in entrambi, perché c'è sempre una torma di giovanissimi e di giovanissime (la generazione Erasmo) e qualche grande vecchio, incerto se chiudere a chiave la porta del cuore o farsi tentare da conati erotico-sentimentali un po' tardivi e necessariamente di tipo platonico. Ma comunque, pur sempre energizzanti.

L'ironia regna sovrana, perché - a prenderle sul serio - queste tematiche conducono, come si sa, a certe squallide scorciatoie ben note alla cronaca.

Ma lasciamo che siano i romanzi a dire la loro





Una precisazione: questi "romanzi" non sono adatti a tutti. Ma non perché troppo scabrosi o troppo difficili. La lingua è scorrevole, anche se non plagia il parlato come fanno gli scrittori pigliatutto. Però l'idea di romanzo che ispira i due libri non è quella del realismo commerciale.

La lingua è una cosa viva da manipolare come se fosse creta. Ma anche la narrazione è una cosa viva da manipolare. 
Convinti fino in fondo di questo, Cabrini e Solidago fin dall'incipit evitano perciò accuratamente di ricalcare modelli scontati e maniere facilmente digeribili. Anche se in questo modo rischiano di "affaticare" qualche lettore troppo pigro. 




giovedì 14 maggio 2015

CHI SONO?

Chi è Cabrini e chi è Solidago?

Beh, più facile rispondere alla seconda domanda. Solidago è nato in un locale di Caracas, quando Cabrini aveva 45 anni. Le sue intemperanze alcoliche richiedevano infatti un alter ego su cui scaricare ogni colpa e così Cabrini si è inventato come paravento Rolando Solidago.

Col tempo Cabrini si è affezionato al suo Doppio, a cui ha riconosciuto doti che in lui erano carenti: una innata socievolezza, temperamento latino, indolenza,  grande talento nell'abbordare le donne...
"Lui è di Caracas e io sono di Lubecca" soleva dire in quegli anni il nostro, che aveva ben presente la dicotomia nord/sud di Thomas Mann.

Da quel lontano 1990 Solidago ne ha fatta di strada, soprattutto in campo artistico. Naturalmente, essendo lui un personaggio fittizio, non è rimasta nessuna traccia dei suoi lavori.
Ma del fervore creativo di Solidago in qualche modo ha beneficiato anche Cabrini, che allora andava conducendo la grigia esistenza del funzionario di casa editrice.

Eppure da giovanissimo anche Cabrini aveva avuto una parentesi creativa. Riconoscendo in lui un certo talento, la madre l'aveva mandato a bottega da Leonardo Dudreville, che negli anni '50 svernava sul lago Maggiore, pescando, cacciando e dipingendo quadri di un realismo quasi fiammingo (parabola analoga a quella che aveva percorso Otto Dix).

Dudreville è stato un maestro per Cabrini? Questo neanche Cabrini lo sa, pur riconoscendo in quella figura di anziano, sportivo e sardonico, un modello di vita. Ma dal punto di vista pittorico Dudreville era troppo accademicamente rigoroso per piacere al piccolo Cabrini, che nel corso della sua esistenza, pur appartenendo alla sfera di Lubecca (e non a quella di Caracas) snobberà sempre tutto ciò che poteva sapere di scuola, di accademia, di convenzione.

Maggiori prove di se stesso Cabrini le ha date nel tempo nell'ambito scrittorio, dove non ha avuto maestri in senso carnale. Anche qui però l'uomo non ha mai voluto gareggiare per un riconoscimento e pur avendo partecipato a uno o due concorsi letterari ha sempre snobbato agenti letterari ed editor, che da parte loro avrebbero probabilmente altrettanto energicamente snobbato Cabrini, se soltanto a lui fosse venuta in mente la balorda idea di bussare alle loro porte.

Ed eccoci al presente, dove Cabrini e Solidago, finalmente affratellati da un progetto comune, hanno deciso di uscire allo scoperto. Con una mostra di quadri e installazioni, per cominciare. Ma anche con la presentazione di due romanzi: Vero quasi vero, del 2014 e Il (suo) doppio, del 2015.

Il contributo di Cabrini non è più distinguibile, ormai, da quello di Solidago. Ed entrambi sono AUTORI  nella stessa misura, a pieno titolo entrambi.




martedì 12 maggio 2015

COMBINE Painting

La paternità del termine Combine-painting è di Robert Rauschenberg, artista americano attivo negli anni '60, che abitualmente viene collocato fra i New Dada: un mosaico di tendenze che si rifanno variamente al dadaismo, a Duchamp, a John Cage e che riaffermano l'interesse per l'oggetto
Sotto questo profilo i New Dada anticipano il Nouveau Réalisme, di poco successivo e la Pop Art.

Ma cos'è la Combine-painting di Robert Rauschenberg se non un modo nuovo di declinare l'Assemblage? la cui paternità si deve a Pablo Picasso e alla sua Composizione con il suonatore di chitarra (1913), in cui il pittore spagnolo applica uno strumento musicale vero a una superficie in cui è sommariamente disegnato un musicista. 



Ecco il tratto distintivo della Combine-Painting: la Pittura si accoppia con oggetti tridimensionali. 
Questi possono essere "sculture" ma anche oggetti prelevati dal mondo quotidiano come nel caso di Bed, di Rauschenberg (1955): matita, colori ad olio, cuscino, trapunta e lenzuolo. Una tradizione inaugurata da Duchamp con il readymade. Interpretata però da Rauschenberg con un'altro spirito, più "caldo",  meno intellettualistico, più ironico.




Su una linea diversa il francese Martial Raysse, esponente del Nouveau Réalisme, che nella sua estetica vicina all'arte pop declina l'incontro fra pittura e oggetto quotidiano nei modi astratti propri del messaggio pubblicitario.   



E che dire di Daniel Spoerri, in cui l'estetica delle merci esplode quasi carnalmente nei suoi "quadri trappola", in cui i resti del pasto vengono fissati a una tavola e questa viene ruotata in verticale, in modo da acquisire lo statuto di quadro.


Cabrini e Solidago approdano alla Combine-painting per una via che ha ben poco a che vedere con la "scoperta" dell'universo delle merci o con la pubblicità: un universo che, a differenza di quanto accadeva negli 'anni '60, oggi si può dare ampiamente per scontato e che come tale non può ispirare un'estetica. Condividono però con la Combine-painting e con il Nouveau Réalisme la demistificazione del quadro, svelato nella sua natura di feticcio.

Questa componente anzi in loro è determinante. Essi arrivano infatti alla Combine-painting in polemica con una certa voga, quella del bel prodotto. Che accomuna oggi il pittore legato alla vecchia pratica artigiano-artistica e l'atelier di grido. Un tratto distintivo di quest'ultima produzione è l'inseguimento dell'eccellenza estetica della serialità industriale, visibile innanzitutto nella scelta dei materiali: lisci, immateriali, perfetti.

Più vicina caso mai all'Arte Povera, anche se meno concettuale e più "narrativa", la Combined painting di Cabrini e Solidago bazzica il quadro innanzitutto per "sporcarlo", sia mediante il loro uso anti accademico del colore e dell'immagine, sia per come contaminano la sacralità del quadro con la futilità dei ninnoli vintage e del ciarpame di poco prezzo.


(CABRINI&SOLIDAGO: il triangolo)
Un accostamento pittura/oggetto che non possiede certo l'epicità provocatoria e compiaciuta della Combine-Painting di Rauschenberg o di Martial Raysse o di Daniel Spoerri.


(CARINI&SOLIDAGO: Pet)

Ma non sono più tempi, questi, di epica (vecchia o new...).  Checché se ne dica. 
Giacché l'epica richiede di credere fortemente. E di credenze forti se ne intravvedono ben poche oggi, nell'universo pittorico e non pittorico dell'occidente.